Sono ormai passati vent’anni dalla beatificazione di colui che “ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, – come disse di lui papa Paolo VI – nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni” (Paolo VI, 29 giugno 1969). E noi come figli suoi – o meglio come suoi discepoli, perché lui è il nostro Primo Maestro – non vediamo l’ora di vedere al più presto la sua canonizzazione. Questo ardente desiderio si basa non sulla semplice stima, in quanto egli è il nostro Fondatore, ma sul fatto che noi conosciamo la sua testimonianza di santità e questa può essere di impulso per tutti i cristiani di oggi, una risposta alle sfide del nostro tempo. Ecco, qui di seguito, alcuni punti che rendono quanto mai attuale questo “uomo di Dio”:
- Una spiritualità per tutto l’essere
In un mondo nel quale si cura troppo l’aspetto fisico e quello psicologico, trascurando quella dimensione interiore che è il vero fondamento di tutte le persone (o quando lo si ricorda si cade nel rischio di uno spiritualismo senza vita, ripiegato su se stesso). L’invito di Don Alberione ad una spiritualità integrale, che coinvolga tutto l’essere – mente, volontà e cuore –, portando così a quella tensione dell’amore a Dio e al prossimo, è più che mai ancora molto attuale. La sua è una spiritualità che tocca la vita concreta. Sui social sentiamo troppe idee di spiritualità chiuse nei propri interessi personali, nelle quali la ricerca dell’io è molto maggiore della ricerca del noi. Don Alberione ci invita a sentirci fratelli, figli di un solo Padre. Ecco le sue parole: “Sentì come una rivelazione. Capii che questa pratica prendeva tutta la vita dell’uomo e sentii il desiderio che tutti conoscano, pratichino e vivano questa devozione” (PA I, 12). Questo è quanto dice il nostro Fondatore e questo ha saputo trasmettere a suoi figli, perché questi lo trasmettessero alle persone di oggi come questione “di vita o di perdizione”. Se la mente, il cuore, la volontà, le forze fisiche dell’uomo di oggi fossero veramente centrate in un solo proposito che porta alla pace, alla carità, alla speranza... quanto bene non farebbero per far cadere i muri dell’odio, dell’indiferenza e dell’ingiustizia? Sia benedetto Dio che in don Alberione “ci ha messo, chiarissimamente, su una via, dandoci un impegno spirituale e apostolico tutto concentrato nel Cristo Via, Verità e Vita, dal quale lui non si è mai tirato indietro” (G. Roatta, “Cristologia di Don Alberione”, in L’eredità cristocentrica di Don Alberione, p. 177).
- Un esempio che parla
Le persone, specialmente i giovani, non hanno bisogno di discorsi, ma di testimoni. Se Don Alberione ha entusiasmato i suoi primi giovani – e non sono stati pochi – a seguirlo nella vita paolina, è perché con il suo esempio faceva credere in ciò che proponeva. Vediamo alcuni esempi:
“Durante la guerra, Don Alberione, fu l’unico dei Superiori del Seminario con cui fui sempre in relazione epistolare. Io gli scrivevo sovente, e lui, con tute le sue occupazioni e preocupazioni, mi rispondeva puntualissimo, consigliandomi, incoraggiandomi. Fece così con tutti i seminaristi che si trovavano al fronte: fu una vera salvezza per molti. (...) Nacque di qui il desiderio di seguirlo nella nuova fondazione. I superiori del Seminario ci avevano un po’ dimenticati, almeno apparentemente. Se ne provava un po’ di dispiacere. Don Alberione invece seguì a fondo le nostre vite.” (don Angelo Fenoglio, 1893-1980)
“Con gli occhi di Don Alberione, naturalmente. Egli ci riuniva una volta alla settimana e discuteva con noi giovani sui modi di pagare e di rispondere alla Provvidenza. Ci istillò allora una grande fede nella Provvidenza: in me, essa si trasfuse per sempre” (don Saverio Boano, 1904-1990).
“Memore dell’impegno del Fondatore (‘trovarsi nel luogo dell’impegno con almeno cinque minuti in anticipo’), mi reco in capella alle 4,25. Don Alberione era già presente. In cuor mio volevo dare una risposta alla domanda: a che ora si alza don Alberione? Il giorno seguente mi presentai alle 4,00. Don Alberione era già presente” (Don Quinto Butani, 1930-2022).
Potremmo citare tante altre testimonianze per dire che l’esempio di Don Alberione attirava tanti a vivere bene la loro vocazione e missione. Sull’esempio della sua vita di preghiera c’è tanto da dire, ma lo possiamo lasciare per un altro momento...
- I mezzi attuali per evangelizzare
Il mensaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Comunicazione di quest’anno ci invita a riflettere sull’Intelligenza Artificiale (AI). Ecco cosa dice: “L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali?”. Domande come queste se le faceva già il giovane Alberione dinnanzi all’evoluzione dei mezzi del suo apostolato stampa e concludeva: “Il mondo ha bisogno di una nuova, lunga e profonda evangelizzazione… Occorre rifare le intelligenze e cambiare le volontà. Opera difficile, lunga, penosa. Occorrono mezzi proporzionati, ed anime accese di fede... Occorrono dei missionari, dei nuovi missionari per questo nuovo e fecondo apostolato” (La primavera paolina, pp. 690-682). Così, Don Alberione resta un punto di riferimento per tutti i cristiani che vogliono portare la novità del Vangelo, servendosi delle novità dei mezzi moderni. Non in qualsiasi modo, “occorre rifare le intelligenze” e bisogna che ci ricordiamo che il primo mezzo per communicare Dio siamo noi stessi. Solo così sarà efficace la nostra “nuova e profonda” evangelizzazione.
Dinanzi a tutto questo e a tante altre cose che potremmo dire sul nostro Primo Maestro, il non conoscerlo attraverso suoi scritti, il non pregarlo ogni giorno, il non fare niente perché lui possa essere più conosciuto tra la gente, sarebbe come lanciare delle “perle ai porci” e mostrarsi ingrati al Signore per questo grande dono che egli ha offerto alla sua Chiesa. Non dimentichiamo mai la promessa che il nostro caro Don Alberione ci ha fatto: “Così intendo appartenere a questa mirabile Famiglia Paolina come servo ora ed in cielo; ove mi occuperò di quelli che adoperano i mezzi moderni più efficaci di bene: in santità, in Christo et in Ecclesia” (AD, 3). Preghiamolo, facciamolo conoscere, facciamolo subito. Facciamo nostro anche il suo costante impegno affinché – come lui voleva – il Vangelo arrivasse indistintamente a tutti.